Violazioni 231: responsabilità solo se c’è vantaggio economico
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 48779 del 2 dicembre 2019, e con sentenza n. 49775 del 9 dicembre 2019 è tornata ad occuparsi di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche ex D.Lgs. 231/2001 per reati colposi connessi con la violazione delle norme di sicurezza sul lavoro ex D.Lgs. 81/2001.
In entrambe le fattispecie viene infatti ribadito il concetto che per le lesioni colpose al lavoratore da violazione delle norme antinfortunistiche la rilevanza sussiste solo nel caso in cui venga provato il vantaggio o l’interesse per l’Ente.
Nella prima sentenza (n.48779/2019) vi è il caso di una Società del Friuli Venezia Giulia colpita da responsabilità 231 per reato di lesioni colpose causato dai manager della società ai danni di un lavoratore non adeguatamente preparato sul funzionamento di un macchinario.
Nel caso di specie si trattava di un inconveniente non previsto nel Documento unico per la valutazione dei rischi da interferenze (DUVRI) tutt’altro che raro ed eccezionale e relativamente al quale nessuno dei dipendenti aveva avuto la minima formazione specifica o istruzione su come affrontare il rischio.
Di fatto i lavoratori agivano di loro iniziativa e in base all’esperienza, secondo una prassi rischiosa che nessuno dei due titolari della posizione di garanzia che si erano succeduti aveva interrotto.
Qui spicca la violazione dell’obbligo di elaborare in maniera adeguata il documento di valutazione dei rischi contestato agli imputati e nemmeno negato dal punto di vista oggettivo dalla difesa.
E’ stato inoltre dimostrato che la società ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche e ha di fatto realizzato una politica d’impresa disattenta alla materia della sicurezza del lavoro, consentendo una riduzione dei costi e un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto.
La Corte di Cassazione ha quindi ribadito che nei reati colposi la responsabilità dell’Ente non è collegata tanto all’evento che può anche essere non voluto, quanto alla condotta, relativa al vantaggio per l’impresa costituito dal risparmio dei costi e del tempo utile a formare i dipendenti sull’adeguato funzionamento del macchinario.
Nella seconda sentenza (n.49775/2019) vi è il caso di un operaio che aveva subito gravi lesioni per essere stato investito da un carico di bitume nell’operazione di caricamento del suo camion nel cortile dell’azienda, imputata per l’illecito amministrativo ex D.Lgs. n. 231/2001 come anche il datore di lavoro, condannato in primo grado per lesioni personali.
Secondo il ricorso dell’azienda in Cassazione, la prassi scorretta di utilizzo di una pala meccanica per caricare il camion non risultava acclarata; in particolare, vengono richiamate le deposizioni testimoniali in base alle quali non risulta che il caricamento mediante pala meccanica costituisse una modalità usuale e che l’iniziativa di effettuare il carico in tal modo fu una “decisione estemporanea”.
La Suprema Corte accoglie quindi il ricorso della Società poiché non risulta che si siano verificati i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall’interesse e dal vantaggio per l’Ente, quali la violazione della normativa cautelare con il consapevole intento di conseguire un risparmio di spesa per l’ente stesso e la sistematica violazione delle norme antinfortunistiche, ricavandone oggettivamente un qualche vantaggio , sia esso sotto forma di risparmio di spesa o di massimizzazione della produzione.
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