Burnout da COVID: un nuovo allarme per la salute e la sicurezza dei lavoratori
Una ricerca condotta dall’Università Cattolica del Sacro Cuore sull’impatto psicologico della pandemia di COVID, condotta nelle quattro settimane di maggiore intensità dell’emergenza sanitaria (fra marzo e aprile), ha evidenziato che il 75% dei medici e degli infermieri ha manifestato sintomi di burnout. La notizia è stata riportata dal quotidiano “Il Giorno”.
Il burnout è stato riconosciuto, nel maggio 2019, come sindrome nell’undicesima revisione dell’International Classification of Disease (ICD), il testo di riferimento globale per le patologie e le condizioni di salute. Le cosiddette “helping professions”, ossia le professioni caratterizzate da una “relazione d’aiuto” tra il lavoratore e i soggetti con cui si egli relaziona nell’ambito della propria attività, sono tra quelle tradizionalmente più colpite dall’incidenza di questa condizione di malessere, e di certo una situazione di emergenza sanitaria e sociale come quella in corso non può che aver acuito le criticità già ordinariamente presenti per le categorie a rischio.
L’insorgenza del burnout va considerata dai datori di lavoro nel quadro dello stress lavoro-correlato, la cui valutazione è un obbligo normativo. Così come il mobbing, il burnout non costituisce infatti ancora un “rischio autonomo” nei Documenti di Valutazione dei Rischi, e le azioni di contrasto e prevenzione ad esso relative rientrano nella più generale valutazione dello stress lavoro-correlato.
L’evento on line di Paradigma in materia di salute e sicurezza sul lavoro nel post lockdown, previsto il 21 e il 22 maggio prossimi, dedicherà adeguato approfondimento tanto al tema dell’aggiornamento del DVR quanto ai profili relativi allo stress lavoro-correlato.
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