Riforma fiscale: il punto sull’imposizione dei trust
Il D. Lgs. n. 139/2024, avente ad oggetto la revisione delle imposte indirette diverse dall’IVA, impatta anche sul trattamento fiscale dei trust, nei termini di seguito esposti.
Per quanto riguarda l’imposizione diretta, che non è oggetto del decreto di riforma in questione, vale il quadro impositivo già in essere, quale ulteriormente chiarito dalla Circolare AdE 34/2022. Quindi, con riferimento alle imposte sui redditi, i trust possono essere suddivisi in trust “opachi” e trust “trasparenti”, con i primi direttamente assoggettati ad Ires per i redditi ovunque prodotti (in quanto i beneficiari non sono, appunto, “individuati”), mentre i secondi, avendo beneficiari individuati, debbono determinare, secondo modalità analoghe a quelle riscontrabili nelle società di persone, il reddito imponibile, per poi imputarlo ai beneficiari, i quali a loro volta corrisponderanno su di esso al Fisco quanto dovuto, a titolo di Irpef, come reddito di capitale, indipendentemente dall’incasso dello stesso.
In merito alle imposte indirette, dopo anni di incertezza sull’applicabilità dell’imposta di donazione al momento dell’ingresso dei beni in trust o dell’uscita dei beni dallo stesso, mediante il trasferimento ai beneficiari, si è consolidata l’interpretazione, contenuta sempre nella citata Circolare 34/2022 e ora cristallizzata dalle disposizioni introdotte dal D. Lgs. 139/2024, giusta la quale l’imposta di donazione si applica al momento del trasferimento dei beni dal trust ai beneficiari, a meno che il disponente, secondo quanto prevede il decreto di riforma, non opti per la tassazione in ingresso. Quindi, con l’inserimento nel D. Lgs 346/1990 del nuovo articolo 4-bis (da parte del D. Lgs. 139/2024), è possibile scegliere quando assolvere l’imposta da applicare sui beni/diritti conferiti in trust. Se la tassazione dei beni/diritti conferiti in trust avviene al momento del trasferimento ai beneficiari, con tassazione in uscita, si applicheranno aliquote e franchigie vigenti in tale momento, in funzione del rapporto tra disponente e beneficiario. Qualora invece, come il “regime opzionale” previsto dalla riforma consente, la tassazione abbia luogo “in entrata”, e cioè al momento del conferimento dei beni e diritti in trust, troveranno applicazione aliquote e franchigie vigenti all’epoca del conferimento (sempre variabili, ovviamente, alla luce del rapporto tra disponente e beneficiario). Optandosi per quest’ultimo regime, si ha come conseguenza che, essendo il patrimonio del trust tassato “in entrata”, le attribuzioni ai beneficiari effettuate successivamente non avranno rilevanza fiscale.
Tale soluzione reca l’indiscutibile pregio di non esporre i beni e i diritti conferiti in ad eventuali aggravi d’imposta che dovessero sopraggiungere nel tempo, specie laddove, come ciclicamente viene paventato, il Legislatore dovesse porre mano a una revisione dell’imposta di successione e donazione.
La pianificazione dei passaggi generazionali deve senz’altro tenere conto di vantaggi e svantaggi insiti nella possibile scelta del regime “opzionale”, come pure dei dubbi ad oggi non sciolti dalla riforma (ad es., in ordine alla nozione di “residenza” valevole ai fini del testo unico sulle successioni e donazioni e in ordine agli effetti dei trasferimenti di residenza di un disponente).
Di questi e di altri aspetti di interesse della riforma fiscale, in ordine ai suoi impatti sui trust e sulle scelte di pianificazione patrimoniale, si darà adeguata trattazione nel webinar di approfondimento “I trust dopo la Riforma fiscale” organizzato da Paradigma per il 12 dicembre.