Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, la Business Judgment Rule sarà messa alla prova?

L’entrata in vigore del nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza ripropone la questione relativa ai limiti dell’intervento del giudizio del giudice sulle scelte imprenditoriali.
Da un lato infatti, va difesa l’autonomia di ogni imprenditore che deve poter agire perseguendo legittimamente il profitto, in conformità con la libertà di iniziativa economica sancita dall’articolo 41 della Costituzione; dall’altro lato va comunque difesa la necessità che tale attività economica non sfugga alla regolazione dello Stato, in funzione della salvaguardia del valore economico dell’impresa.
La garanzia della continuità dell’impresa e della prevenzione della crisi non va infatti a vantaggio solo dell’imprenditore, ma ha conseguenze positive sull’intera economia del Paese, e la riforma ne ha tenuto conto.
Ritorna quindi la questione della sindacabilità o meno degli assetti organizzativi interni della società e quindi la possibilità di invocare la cosiddetta Business Judgment Rule la quale non consente al giudice di sindacare il merito delle scelte gestorie anche quando caratterizzate da una rilevante alea economica, ma solo di valutare la diligenza adottata dall’amministratore nell’apprezzare i margini di rischio connessi all’operazione economica in questione.
Il quesito non è nuovo alla giurisprudenza italiana che da tempo si è interrogata sui limiti del intervento del giudizio del giudice sulle scelte imprenditoriali.
La giurisprudenza ha accolto da tempo il principio secondo il quale non è possibile imputare all’organo amministrativo il semplice errore di gestione; è necessario infatti distinguere metodo e merito della decisione, pur tenendo fermo il dovere di diligenza.
È stato inoltre precisato in giurisprudenza che la valutazione delle scelte fatte dall’organo amministrativo è da compiersi non in considerazione dell’esito dannoso della decisione, ma ponendosi nei panni dell’agente decisore al momento della scelta e con riguardo a quanto egli avrebbe potuto conoscere.
La non sindacabilità del merito delle scelte imprenditoriali è acquisita sufficientemente nella giurisprudenza italiana, e vi sono pronunce che estendono l’applicazione anche all’attività del collegio sindacale. E’stato sostenuto infatti che nemmeno il collegio sindacale nella sua attività di controllo sulla attività degli organi di governo, possa sovrapporre alle decisioni dell’organo amministrativo le proprie valutazioni di opportunità. Di conseguenza la responsabilità solidale dei sindaci non può estendersi anche all’esame dell’opportunità e della convenienza delle scelte gestionali.
Ma il nuovo Codice sulla crisi d’impresa produce un’ampia serie di effetti sull’attività e sulle responsabilità individuali dei sindaci e del collegio sindacale nel suo complesso.
Il bilanciamento tra poteri e doveri di vigilanza dei sindaci diventa sempre più articolato e anche la Corte di Cassazione ha espresso, in recenti pronunce, una serie di orientamenti specifici. Cambieranno le regole della BJR?
Approfondiremo queste tematiche nel corso dell’evento Il collegio sindacale nella governance societaria e nel nuovo Codice della crisi d’impresa che si terrà a Milano il 9 e 10 ottobre 2019
Obiettivo dell’incontro è l’approfondimento dei poteri – doveri – responsabilità del collegio sindacale nel sistema dei controlli endogeni ed esogeni, nella prospettiva di tutela degli azionisti e della corretta gestione aziendale, attraverso l’analisi di casi concreti e problematiche operative.
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