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Corte di Cassazione: ai sindaci la piena responsabilità per l’illecita gestione degli amministratori

Corte di Cassazione: ai sindaci la piena responsabilità per l’illecita gestione degli amministratori

La Corte di Cassazione con la sentenza del 12.7.2019 n. 18770  è tornata a pronunciarsi sul tema dell’estensione della responsabilità dei sindaci di società di capitali per mala gestio degli amministratori, affermando che la stessa sussiste ogni qualvolta l’adozione da parte del collegio sindacale di uno dei provvedimenti connessi alla carica,avrebbe ragionevolmente potuto evitare l’attività illecita degli amministratori.

 

Nel caso di specie, la Suprema Corte precisa che l’inerzia dei sindaci nella vigilanza e nell’attivazione dei propri poteri non può ritenersi scusata o giustificata dal rilievo di essere stati tenuti all’oscuro della condotta illecita dagli amministratori, nè tantomeno di avere assunto la carica successivamente alla realizzazione delle condotte dannose, rilevando come anche in epoca successiva l’adozione dei provvedimenti riservati ai sindaci avrebbe consentito di evitare (o limitare) il danno subito dalla società a causa delle illecite condotte degli amministratori.

 

La Corte di Cassazione, pur precisando che perchè vi sia responsabilità da parte dei sindaci è necessario che l’eventuale condotta colposa sia in un rapporto di causalità con il danno subito dalla società, parte dal presupposto che il principale dovere del collegio sindacale sia proprio quello di vigilare sulla corretta amministrazione da parte degli amministratori (cfr. articolo 2407, c. 2, c.c.) e, su tale base, afferma che per ritenere disatteso tale dovere di vigilanza non serve arrivare a individuare (e provare) comportamenti dei sindaci contrari a tale dovere, ma basta valutare che essi non abbiano compreso una violazione o non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, tanto da non adempiere l’incarico con la dovuta diligenza e professionalità qualificata ad essi richiesta.

 

Sulla scorta di tale principio, per affermare la responsabilità del sindaco sarà dunque sufficiente evidenziare l’omissione di un atto proprio del suo ruolo, quale la segnalazione all’assemblea delle irregolarità gestorie o l’impiego di quegli altri strumenti, accordati al collegio sindacale, più idonei a impedire, fermare o limitare il protrarsi dell’illegittimità della gestione, contenendo così le conseguenze negative per il patrimonio sociale.

 

A quel punto, dato atto della mancata attivazione del sindaco e del nesso di causalità fra tale omissione e il danno subito dalla società, spetterà ai membri del collegio sindacale, per evitare la responsabilità contro di essi rivolta, dimostrare di aver esercitato i poteri affidatigli dalla legge correttamenteefficacemente e tempestivamente.

 

L’obbligo di vigilanza che la legge impone ai sindaci si concretizza pertanto in un monitoraggio concreto e costante della gestione, potendo (e dovendo) i sindaci, in presenza di informazioni insufficienti o lacunose da parte degli amministratori, attivarsi in proprio per acquisire gli elementi mancanti.

 

In questo scenario si aggiunge Il nuovo Codice sulla crisi d’impresa che produce un’ampia serie di effetti sull’attività e sulle responsabilità individuali dei sindaci e del collegio sindacale nel suo complesso.

 

Infatti, oltre ai consueti doveri di vigilanzdel collegio sindacale nell’ambito del sistema dei controlli societari, appena affrontati, si aggiunge un obbligo di vigilanza sull’adeguatezza degli assetti organizzativi in funzione anti-crisi.

 

A Milano, il 9 e 10 ottobre 2019 approfondiremo la tematica nel corso dell’evento Il collegio sindacale nella governance societaria e nel nuovo Codice della crisi d’impresa

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