Spetta ai sindaci controllare che gli amministratori valutino adeguatamente il «going concern»

Con il D.L. 23/2020 sono state introdotte disposizioni il cui fine è quello di consentire alle società di superare il momento difficile.
Centrale è quella che si rifà all’art. 7 che consente di continuare a redigere i bilanci in continuità a condizione che tale presupposto sussistesse prima dell’emergenza.
Tale norma si può applicare sia ai bilanci in corso di approvazione in questo periodo, relativi all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019, sia, in prospettiva, ai bilanci che chiuderanno al 31 dicembre 2020 e a quelli “in corso al 31 dicembre 2020”.
Questi ultimi potranno essere redatti sul presupposto della continuità se tale condizione risulta sussistente nell’ultimo bilancio di esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020.
E’ chiaro che l’obiettivo del legislatore è stato quello di evitare premature valutazioni alla luce delle incertezze della crisi determinata dall’emergenza pandemica.
Per neutralizzare questi effetti, si prevede che, nel bilancio che si chiuderà a fine 2020, si potrà assumere come sussistente il requisito della continuità se accertato nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2019.
Più dubbio risulta essere il comma 2 della norma, che estende analogo criterio ai bilanci chiusi entro il 23 febbraio 2020 e non ancora approvati, e che porterebbe alla conservazione della valutazione delle voci di bilancio sul presupposto della continuità aziendale dove il going concern risultasse dall’ultimo bilancio approvato anche se risalente al 31 dicembre 2018.
Si tratterebbe però di una estensione delle norme che andrebbe oltre la finalità di neutralizzare gli effetti della crisi e tale da far ritenere, in attesa di una precisazione da parte del legislatore, che la valutazione delle voci vada operata tenendo conto della situazione esistente alla data di chiusura dell’ultimo esercizio anteriore al 23 febbraio 2020, senza considerare l’impatto degli eventi sopravvenuti dopo tale data.
Si pone quindi obbligo di procedere a una attenta valutazione da parte degli amministratori chiamati a valutare l’adeguatezza degli assetti imprenditoriali e in grado di rilevare tempestivamente la perdita della continuità aziendale.
Un ruolo fondamentale spetta quindi al Collegio Sindacale che, in base all’articolo 2403 del Codice e 149 del Tuf, deve vigilare sull’adeguatezza di tali assetti, informando la struttura amministrativa sulla necessità di intraprendere eventuali azioni per fronteggiare una ipotetica crisi dovuta alla pandemia.
Appare chiaro che, nella maggior parte dei casi, le valutazioni in ordine agli effetti della pandemia sulla continuità aziendale risultino, ad oggi, premature. Gli amministratori potranno quindi limitarsi a constatare che, sulla base delle evidenze disponibili, non vi siano elementi che determinino il venir meno del presupposto del going concern. Tale verifica competerà all’organo amministrativo, che ne darà conferma al revisore e informativa nell’ambito della nota integrativa.
Al Collegio Sindacale spetterà l’attività di vigilanza sull’effettuazione di tale verifica e dell’esistenza di una adeguata informativa, in adempimento dell’articolo 2403, che impone al Collegio di vigilare sul rispetto della legge.
Il tema verrà approfondito nell’ambito del webinar organizzato da Paradigma Attività dei sindaci nell’emergenza COVID-19 previsto il prossimo 15 maggio.
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