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Disciplina Cfc estesa anche agli Oicr?

Disciplina Cfc estesa anche agli Oicr?

IL DECRETO ATAD 
Sugli Oicr non residenti tassazione per trasparenza
Redditi imputabili ai partecipanti in caso di imposizione in Italia

Il nuovo articolo 167 Tuir, introdotto dal D.Lgs 142/2018 di recepimento della Atad, ha inserito esplicitamente tra gli enti esteri oggetto della Cfc anche gli Oicr non residenti, suscitando tuttavia al riguardo alcune perplessità interpretative.

In precedenza l’Agenzia delle Entrate (circolare 23/E del 2011) aveva correttamente escluso i fondi di investimento dall’ambito applicativo della Cfc, a condizione che rispettassero determinati requisiti organizzativi e di trasparenza (tra cui vigilanza e residenza white list). In mancanza di tali condizioni i fondi esteri venivano assoggettati alla Cfc quali ordinari enti non residenti.
Il comma 8 dell’articolo 167 dello schema di Decreto Atad ha previsto invece, in via generale, che in caso di applicazione della disciplina Cfc a Oicr esteri i relativi redditi sono imputati ai partecipanti se e nella misura in cui avrebbero scontato l’imposizione in capo a un Oicr residente. Dunque l’imputazione per trasparenza scatterebbe per quei redditi che, non tassati in capo al fondo estero, se percepiti da un fondo italiano subirebbero la ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (come noto gli Oicr residenti sono esenti da Ires e risultano “nettisti” in un numero limitato di fattispecie).
Detta norma è poi venuta meno nella versione finale del decreto, ma la relazione ha ribadito sia l’inclusione generalizzata degli Oicr nella disciplina Cfc (con la finalità di ricomprendervi in ottica antiabuso anche “fattispecie similari”), sia l’applicazione della stessa in modalità selettiva (modello “transactional”), ossia non per l’intero reddito ma solo per quelli su cui un fondo italiano avrebbe scontato imposte.
Un riferimento esplicito agli Oicr non residenti è rimasto nel comma 10, secondo cui la detassazione degli utili distribuiti fino a concorrenza dei redditi imputati per trasparenza (propria delle Cfc ordinarie) non è applicabile nel loro caso, ma nel contempo le imposte pagate dal partecipante residente si aggiungono al costo fiscale delle quote detenute nell’organismo.
Le perplessità derivano dal fatto che, in assenza nella versione finale del decreto di una norma che preveda una tale modalità speciale (selettiva) per i fondi esteri, agli stessi dovrebbe in principio risultare applicabile la disciplina ordinaria delle Cfc che richiede l’imputazione del reddito complessivo dell’ente controllato (modello “jurisdictional”), calcolato (in modo virtuale) con le regole dell’Ires “a seconda delle sue caratteristiche” (ossia sulla base delle caratteristiche del soggetto estero, come se fosse residente).
Tuttavia, prevedendo l’Ires una specifica esenzione per gli Oicr, verrebbe in questo modo a mancare il presupposto per applicare il test della tassazione effettiva.
Il reddito complessivo dell’Oicr infatti, se l’organismo fosse italiano, secondo le regole Ires risulterebbe esente; inoltre sembra dubbio che le eventuali ritenute d’imposta teoricamente applicabili in Italia possano conteggiarsi come imposta virtuale rilevante ai fini del test, considerato che normalmente i proventi tassati alla fonte a titolo definitivo non rientrano nel reddito imponibile.
In altre parole, in mancanza di una norma speciale per gli Oicr l’applicazione della disciplina ordinaria delle Cfc dovrebbe portare alla sostanziale inoperatività del test della tassazione effettiva e, quindi, alla probabile impossibilità di imputare al partecipante sia il reddito complessivo sia singole voci di reddito.
In questo senso la previsione del comma 10 sugli utili distribuiti sembrerebbe essere rimasta “appesa”, orfana della disposizione reggente espunta dal comma 8.
Tuttavia, al di là di quello che potrebbe essere un problema di coordinamento normativo, una valutazione di carattere generale suggerirebbe di riconsiderare come tuttora apprezzabile il citato approccio in precedenza espresso dall’Agenzia, volto a escludere gli OICR esteri dalla disciplina CFC in tutte le fattispecie che presentino sufficienti garanzie di un impiego fisiologico e non abusivo di questi strumenti di intermediazione del risparmio.
Del resto, in presenza di intermediari vigilati dovrebbe risultare per definizione dimostrata l’esimente di cui al comma 5 circa lo svolgimento di una attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali. Per converso, laddove gli organismi esteri siano privi di certi requisiti che consentano di verificarne la natura genuina (pluralità di investitori, politiche di investimento, autonomia gestionale, vigilanza, residenza white list), la strada più coerente sul piano normativo sembra essere quella di trattarli come generici enti esteri (con “passive income”) da sottoporre all’ordinario test della tassazione effettiva sull’intero imponibile calcolato con le regole Ires, ferma restando la eventuale possibilità di dimostrare comunque il ricorrere delle condizioni per avvalersi dell’esimente. [Fonte: Il Sole 24 ore – Giovedì 4 aprile 2019]

 

Approfondirà l’argomento della nuova disciplina per le CFC il Dott. Stefano Grilli nell’ambito dell’evento formativo sulla fiscalità internazionale delle imprese e dei gruppi organizzato da Paradigma a Milano il 14 e 15 maggio 2019.

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