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Smart contract: prime riflessioni del Notariato

Smart contract: prime riflessioni del Notariato

Alla luce del crescente interesse nei confronti dello strumento, ritengo utile segnalare e riprendere lo studio predisposto dalla Commissione Informatica del Notariato su “Smart contract e tecnologie basate su registri distribuiti: prime note”.

 

Il Decreto Semplificazioni (D.L. n. 135/2018 convertito dalla Legge n. 12/2019 definisce lo smart contract “Un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse”. Attribuendogli il valore della forma scritta “previa identificazione delle parti interessate”.

 

L’AGID ha il compito di preparare le linee guida sulle procedure di identificazione informatica delle parti, ma anche gli standard tecnici che le blockchain dovranno rispettare per produrre gli effetti giuridici della validazione temporale elettronica, in coerenza con la normativa europea e nazionale. Su linee guida e standard tecnici – che sarebbero dovuti arrivare entro metà maggio – è adesso all’opera un gruppo di lavoro.

 

Il Notariato ha analizzato la norma e gli strumenti di cui tratta, evidenziando alcuni aspetti critici. “Innanzitutto lo smart contract, che contiene istruzioni di tipo esecutivo, non è sempre idoneo a documentare la causa del contratto, elemento essenziale dal punto di vista giuridico”, osserva il Notaio Michele Manente. L’istruzione di pagamento da un soggetto a un altro, ad esempio, può fondarsi su diverse tipologie negoziali: dalla compravendita all’obbligazione. “La soluzione sarebbe lasciare la definizione generale al contratto scritto in linguaggio naturale e demandare al codice informatico solo alcune parti esecutive”, prosegue Manente, che sottolinea anche la difficoltà di applicare allo smart contract le norme relative all’interpretazione del contratto (si pensi alla “buona fede”). O quelle che disciplinano la risoluzione legale, in caso di avvenimenti straordinari e imprevedibili.

 

Dal punto di vista tecnico la norma fa riferimento a dati registrati che non sono alterabili e modificabili. “Il legislatore pare pensare implicitamente alle blockchain permissionless, aperte, e in particolare – afferma il Notaio – a quelle più diffuse, come Ethereum. Perché quelle permissioned, centralizzate, prevedono il controllo di un’“autorità” o di una ristretta cerchia di soggetti”.

 

Nelle blockchain permissionless, a rendere difficili i cosiddetti “attacchi del 51%” (portati cioè con il consenso della maggioranza dei nodi) è proprio il livello di diffusione della catena dei nodi. Ma quanto dev’essere distribuito un registro affinché sia considerato affidabile? “È una delle tante domande a cui la norma non dà risposta”, conclude Manente.

 

Paradigma organizzerà a Milano, il prossimo 8 ottobre, una giornata di approfondimento su “Smart contract: disciplina, tecnologie e applicazioni pratiche”.

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